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Saturday, January 06, 2007

The author finds this to be one of the sickest pieces of news in recent memory.

Images of Hanging Make Hussein a Martyr to Many - New York Times:

"January 6, 2007

By HASSAN M. FATTAH
BEIRUT, Lebanon, Jan. 5 — In the week since Saddam Hussein was hanged in an execution steeped in sectarian overtones, his public image in the Arab world, formerly that of a convicted dictator, has undergone a resurgence of admiration and awe.
On the streets, in newspapers and over the Internet, Mr. Hussein has emerged as a Sunni Arab hero who stood calm and composed as his Shiite executioners tormented and abused him.
“No one will ever forget the way in which Saddam was executed,” President Hosni Mubarak of Egypt remarked in an interview with the Israeli newspaper Yediot Aharonot published Friday and distributed by the official Egyptian news agency. “They turned him into a martyr.”
In Libya, which canceled celebrations of the feast of Id al-Adha after the execution, a government statement said a statue depicting Mr. Hussein in the gallows would be erected, along with a monument to Omar al-Mukhtar, who resisted the Italian invasion of Libya and was hanged by the Italians in 1931.
In Morocco and the Palestinian territories, demonstrators held aloft photographs of Mr. Hussein and condemned the United States.
Here in Beirut, hundreds of members of the Lebanese Baath Party and Palestinian activists marched Friday in a predominantly Sunni neighborhood behind a symbolic coffin representing that of Mr. Hussein and later offered a funeral prayer. Photographs of Mr. Hussein standing up in court, against a backdrop of the Dome of the Rock shrine in Jerusalem, were pasted on city walls near Palestinian refugee camps, praising "

Thursday, January 04, 2007

L’ITALIA E LA FINE DEL RAÌS

di PAUL BERMAN

Ciechi di Fronte al Fascismo Iracheno

L’impiccagione di Saddam a Bagdad si è rivelata un avvenimento doppiamente scandaloso, innanzitutto per la scena in se stessa, e successivamente per la reazione innescata nell’opinione pubblica occidentale, in particolare in Italia. Per affrettare l’esecuzione, il primo ministro Nuri Kemal al-Maliki ha aggirato una legge che richiedeva l’approvazione di altri due leader politici, e un’altra ancora che prescriveva di attendere che fosse trascorsa una festività sunnita: in poche parole, aggirando la legalità stessa. Si è venuto a sapere inoltre che i boia, che hanno insultato il condannato a morte, erano membri della milizia di Moqtada al Sadr, da diverso tempo a capo degli squadroni della morte che massacrano i sunniti, per vendicare i massacri messi a segno dai sunniti nei quartieri sciiti. Di conseguenza l’esecuzione di Saddam si è rivelata odiosa sotto ogni punto di vista. E’ stata una condanna a morte eseguita da uno Stato fallimentare o sull’orlo del baratro, uno Stato che non è riuscito neppure ad arrogarsi il monopolio della violenza, come dimostra il ruolo svolto dalle milizie di al Sadr. La violenza di piazza è sempre squallida e ripugnante, ma la violenza di piazza che si fregia del nome di Stato democratico è ancora peggiore. Eppure, la reazione avvenuta in altre parti del mondo è anch’essa spaventosa. In Europa occidentale, e non solo qui, l’opposizione alla pena di morte - alla pena in se stessa, non al metodo di esecuzione - è diventata uno strano feticcio. Anziché contribuire alla formazione di una coscienza morale, l’opposizione alla pena di morte è diventata un ostacolo allo sviluppo della coscienza morale. L’indignazione per la morte ingiusta di un singolo individuo è riuscita a bloccare l’indignazione davanti alla morte di migliaia di esseri umani anonimi. La dittatura baathista in Iraq, tra le più sanguinose della storia moderna, prese inizio con impiccagioni di massa a Bagdad nel 1969, soprattutto di ebrei iracheni, accusati di essere agenti sionisti. Il successivo sterminio dei Curdi nel 1988 si lasciò dietro 180.000 morti. Sepolture di massa vengono alla luce regolarmente. Si parla di 300.000 iracheni scomparsi, e a questi si aggiungono i morti iraniani causati dalla guerra scatenata da Saddam contro l’Iran, i morti kuwaitiani, il sostegno agli attentatori suicidi in Palestina e gli attacchi missilistici contro Israele nel 1991. E che tipo di reazione hanno scatenato questi innumerevoli crimini a livello mondiale? Le più grandi manifestazioni nella storia mondiale si sono svolte nel febbraio del 2003, non per denunciare questa mostruosa tirannide, bensì per impedire che questa mostruosa tirannide venisse rovesciata. Oggi assistiamo a un nuovo fremito di orrore, ma non per i combattimenti e i massacri tuttora perpetrati dal partito Ba’ath di Saddam e dalle varie organizzazioni che gli sono succedute in Iraq, bensì per la messa a morte del tiranno. I più nobili sentimenti di altissima moralità sono suscitati dalla figura di un dittatore sanguinario: questo fenomeno non è nuovo nella storia moderna, ma oggi ne abbiamo sotto gli occhi una nuova e straordinaria versione. E non è difficile capire quanto sia costata all’Occidente tanta indignazione contro gli oppositori di Saddam. Perché, infatti, il nuovo stato democratico in Iraq si è dimostrato così traballante e inaffidabile? Non è forse perché gli iracheni che lottavano contro Saddam non hanno mai ricevuto un sostegno adeguato, né dagli Stati Uniti, né da nessun altro nel resto del mondo? Lo Stato iracheno è caduto nelle mani delle milizie assassine perché la coalizione internazionale non ha mai saputo assicurare al popolo iracheno la sicurezza di cui aveva così disperatamente bisogno. Ed ecco il risultato, in questa esecuzione infamante. Tuttavia la reazione più strana e agghiacciante è certamente quella dell’Italia, e questo perché il fascismo italiano è tornato nuovamente in discussione durante tutto il processo a Saddam. E’ vero che il partito baathista si richiama piuttosto al nazismo e allo stalinismo che non a Mussolini, sotto il profilo ideologico. (L’ispiratore di Saddam nel Ba’ath, Michel Aflaq, era il traduttore arabo di Alfred Rosenberg, il teorico del nazismo). Eppure, anche Mussolini ha ispirato il Ba’ath. Il processo a Saddam ha preso avvio sul finire del 2005 e quando il primo testimone è stato introdotto davanti alla corte, il 6 dicembre del 2005, Saddam si è messo a urlare: «Io sono Saddam Hussein! Come ha fatto Mussolini, bisogna resistere all’occupazione fino alla fine, questo è Saddam Hussein!» Il processo è terminato sullo stesso tono. Il 5 novembre 2006, Saddam è stato condannato all’impiccagione e il primo ministro al-Maliki è apparso in televisione, per rivolgersi al popolo iracheno con queste parole: «L’era di Saddam Hussein da oggi appartiene al passato, come l’era di Hitler e Mussolini». Mussolini all’inizio e alla fine del processo: che cosa ci rivela tutto questo? Dovrebbe rivelarci che in Iraq la gente, come Saddam e il primo ministro al-Maliki, sa benissimo di avere a che fare con tragedie e orrori che non sono esclusivi alla loro nazione, e con un movimento che ha preso origine e nome in Italia: il fascismo. Ma il fascismo iracheno non ha mai suscitato indignazione nel resto del mondo. Solo gli errori e l’incompetenza dell’antifascismo in Iraq hanno sollevato sdegno a livello mondiale. Le vergognose immagini dell’impiccagione di Saddam devono farci rabbrividire dall’orrore davanti a uno Stato incapace, davanti alla violenza di piazza e davanti a quello che potrebbe davvero trasformarsi nel fallimento finale dell’intervento contro Saddam. Ma le scene d’indignazione che hanno accolto l’esecuzione di Saddam dovrebbero anche farci rabbrividire dall’orrore davanti all’incapacità della nostra società di riconoscere i movimenti fascisti per quello che sono realmente, davanti alla moderna cecità per il crimine del genocidio. Quali fattori hanno consentito al fascismo e al genocidio di dominare la storia moderna nel secolo passato? Oggi stesso vediamo uno di questi fattori in azione: provare indignazione per reati minori e restare ciechi davanti a reati maggiori, mentre ci si congratula per la propria superiorità morale. Queste persone credono di avere la «coscienza a posto», ma in realtà si tratta di una «coscienza falsa». ? Paul Berman, 2007

Sunday, December 31, 2006

Celebrating Justice...


Saddam drew his path to hell long time ago…he chose this fate the day he chose cruelty and oppression as a way to deal with his people. He built his reign with blood and terror and vowed to make death the fate of anyone who dared say no to him.Saddam lost his humanity the day he committed his first crime, so the one I saw walking to the rope this morning was no man to me.It was him who rejected humanity to become the monster that the weak feared and prayed to see him dead for years to be safe from his crimes.Outside Iraq people will divide over his hanging, just like they divided over his life and rule but here in Iraq most of us feel that today justice has been served. Those who mourn him are a few and are still living in the past that has no future in Iraq.To those who didn’t like justice I say that his death means life to many.Executing the dictator renews the hopes of not only Iraqis but also of other oppressed peoples in the world in having a better future where they enjoy freedom. It's time for other tyrants to learn from this lesson and realize that a similar fate is on the way if they refuse to change.Yes, it was the people though their elected government who put Saddam on trial and who says otherwise should go back and learn about how Saddam humiliated, murdered and tortured Iraqis and plundered their fortunes in his stupid adventures.He deserved to die—our people are still suffering from his crimes till this moment, maybe not in person anymore but through the murderous terrorist machine he built and expanded over years; his orphans are still murdering our people in cold blood trying to deny us the right to build a model of life away from the culture of death the dictator created.Executing Saddam is an execution to a dark era in Iraq's history and it's a message to all those who followed his ways that there is no turning back; yes, the people will never kneel to a tyrant again and will never give up. The future is in the hands of the people and they will choose their way no matter how big the sacrifice is.We have suffered too much for too long and we deserve a better life and that we will keep pursuing.On this day as we celebrate justice we shall not forget to pray for blessings for the souls of the dictator's victims and we shall not forget to thank our brothers in America and the rest of the coalition nations who helped us and are still helping us in our struggle to build the new free and democratic Iraq.


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